Costanza Starrabba e il suo universo grafico: “Le mani sono più importanti del volto”

Mani che plasmano e creano, corpi vivi che si animano e si deformano. Sono questi due motivi fondamentali che ritornano nella poetica di Costanza Starrabba, grafica, illustratrice e fumettista che attraverso un’estetica metamorfica e accattivante propone narrazioni stranianti e evocative, dinamiche e intime, che si muovono fra l’espressione artistica e il mondo dell’editoria. Ho conosciuto Costanza durante uno stage circa due anni fa, e vedendo recentemente i suoi ultimi (e aggiungo interessantissimi) lavori su instagram, ho voluto saperne qualcosa in più.

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Ciao Costanza, la prima domanda è proprio un classico di rito: qual è stato il tuo percorso di formazione?

Ho studiato illustrazione allo IED di Roma. Adesso sto facendo un master di illustrazione a Milano, MiMaster. Aver scelto Roma per il mio primo approccio con questo mondo è stato importante e utile da un certo di vista, ma cambiando ambiente ho notato proprio come cambi la tipologia di modi di intendere questo stesso mestiere. Ogni “scuola” ha un suo DNA, e mi sto rendendo conto di lavorare adesso su cose e in modi molto diversi da quelli che adottavo anni fa a Roma.

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Come ti sei approcciata al mondo dell’illustrazione? Cioè come è iniziata la tua maturazione artistica.

È stata una botta di fortuna in un certo senso. Io ho sempre adorato prendere ispirazione dalle immagini che più mi colpivano e affascinavano per creare a mia volta qualcosa di originale. C’è una fase in cui un bambino ha un naturale impulso a riprodurre cose come cartoni animati oppure altre immagini che fanno parte del mondo visivo del bambino. A un certo punto però succede qualcosa: si verifica un cambiamento e dal copiare si passa a inventare autonomamente qualcosa. Ma intanto tutto quello che in termini di tecnica si è appreso passivamente resta e serve a migliorarsi in futuro. La mia formazione inoltre è stata segnata anche dal fatto che i miei genitori fin da piccola mi hanno sempre fatto frequentare il mondo dei musei e delle gallerie, e questo ha allenato il mio occhio e la mia immaginazione. Un’esperienza artistica che ho fatto è stata una sperimentazione di storia dell’arte al liceo. Finita la scuola avevo pensato di studiare architettura a Roma Tre, ma alla fine ho capito che mi interessava disegnare e basta.

 (a questo punto io e costanza apriamo l’argomento tabù: la matematica! Nemica giurata di entrambi durante gli anni del liceo)

 

Tu sei marchigiana di origine, e nelle marche ci sono tante importanti istituzioni di arte contemporanea.

Si! basti pensare al Centro per le arti visive pescheria di Pesaro. Inoltre, fra Roma e le Marche c’è un forte legame, anche se in linea d’aria la regione dista a metà strada anche da Milano. Poi ci sono gli artisti della zona, da De Dominicis, Enzo Cucchi, Valeriano Trubbiani fino ad artisti giovani legati al concettuale. Nelle marche ci stanno tantissimi illustratori che pubblicano tanto, specie della vecchia guardia. Insomma, nelle Marche a dispetto delle apparenze ci passa parecchia gente.

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Invece dove prendi ispirazione? Se dovessi citarmi alcuni dei nomi che costituiscono dei riferimenti imprescindibili per te.

Sicuramente Pablo Auladell. L’ho conosciuto durante un corso seguivo alla scuola di illustrazione di Macerata, Ars in Fabula. Nel suo libro illustrato La torre bianca (quaderno dell’estate) (2015) il riferimento a Piero della Francesca è molto significativo perché lui è uno dei miei artisti preferiti. In molti dei miei lavori c’è la simbologia dell’uovo e della conchiglia che viene dalla Pala di Brera. Ma in termini meno astratti la composizione e la volumetria di Piero hanno molto influito sulla mia formazione.

Adesso ti volevo chiedere del tuo ultimo lavoro, una Graphic novel.

Si, lavoro digitale che presto verrà stampato, European Vampire DDDM. È un lavoro fatto in simbiosi col gruppo musicale Europea Vampire, e che illustra il loro primo singolo “Tom Ford”. Insieme al video c’è la mia Graphic novel, che presto avrà un seguito insieme alla pubblicazione delle successive tracce dell’album. Lo stile di questi lavori che verranno sarà molto diverso: ispirati alla metafisica di de Chirico e all’estetica di Zabriskie Point di Antonioni.

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Parlami dell’estetica, di dove hai tratto l’ispirazione, e di come si è svolto il progetto.

È un progetto corale, che mi ha visto lavorare con i musicisti, e per questo in questo caso la mia estetica è leggermente diversa dai miei altri lavori. È un lavoro caratterizzato da uno stile grafico e pulito, realizzato in un primo step a mano e poi trasposto su Photoshop simulando il tratto di pennelli e matite. Ho preso ispirazione dal mondo fumettistico degli anni Settanta, da “Dylan Dog” a “Profondo Nero” di Dario Argento, disegnato da Corrado Roi. Altri riferimenti sono stati Mike Mignola e Altan.

La trama vede come protagonista una sorta di alter ego del cantante, un dandy decadente e annoiato che fuggendo da un mondo di mondanità e noia vive delle avventure oniriche che richiamano il sound musicale della band. Un vero stream of consciouness di un predatore per natura, quale è il vampiro, che finisce per essere paradossalmente la preda di questo universo straniante. Questo personaggio è stato complesso da creare: doveva avere delle caratteristiche “reali” ma al tempo stesso doveva essere caricaturale, e racchiudere uno stile molto particolare.

 

Guardando la Graphic novel ho pensato subito all’estetica del serial cinematografico surrealista “I vampiri”. È stato tratto nel 1996 un film da questo universo narrativo, “Irma Vep” di Olivier Assayas che mi ricorda molto il tuo stile mondano e bizzarro, sempre molto alla moda. Un progetto, mi dicevi, nato durante la quarantena. Come hai lavorato?

Tantissimo. Il mondo dell’illustrazione non si ferma mai, essendo un lavoro che si può fare benissimo in smart working. Una cosa positiva è stato il riconoscimento a livello nazionale di questo tipo di lavoro “a distanza”, ma non per questo più rilassato. Nonostante ho lavorato molto, diverse piccole commissioni che avevo sono sparite, ma avendo di mio tanto altro mi posso ritenere fortunata. Avere sempre molto da fare durante questi tre mesi è stato molto positivo.

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Come vedi questa fase di proto/pseudo ripresa dal trauma della quranatena? Sei ottimista rispetto una possibilità di “resilienza” del mondo dell’editoria e dell’illustrazione.

Secondo me sarà un settore che avrà una ripartenza molto lenta. Una grave perdita che c’è stata è l’annullamento dell’Bologna Children's Book Fair, uno degli eventi annuali di editoria più importanti di Europa.

 

Com’è il tuo rapporto con mondo dei libri per bambini? Noi ci siamo conosciuti durante uno stage alla Fondazione Pastificio Cerere mentre si presentava la mostra Libri per bambini con il culto dell’immagine, curata da Alessandro Dandini de Sylva e Cartastraccia, durante gli ultimi mesi del 2018. Una mostra che esponendo numerosi lavori di editoria per l’infanzia, collezione di Giuseppe Garrera e della Fondazione Malaspina, mostrava la varietà di soluzioni esplorate da artisti e illustratori dagli anni Settanta in Italia fino ad oggi a livello internazionale.

Il mondo dei libri per l’infanzia è un mondo molto bello, ma in realtà non fa per me. Ha delle regole molto nette – specie in Italia – e questo fa si che non ci sia molta libertà. In Europa, specialmente in Inghilterra e Francia, invece ci sono molte più possibilità creative. La terminologia più adatta a descriverli, “albi illustrati”, è diventata corrente anche in Italia, ed è importante perché rende il fatto che sono un prodotto destinato non solo per un pubblico per bambini, ma anche per adulti.

Anche se molti lavori degli anni Settanta in Italia mostravano delle soluzioni molto crude e “di impatto”, fortemente politicizzate, che oggi sarebbero improponibili per il sistema attuale dell’editorie. Mi ricordo la reazione di una visitatrice - visibilmente scossa e ristentata – a leggere/visionare un certo libro che toccava il delicato tema della vita e delle rivolte operaie…

Si, il concetto che i bambini non sono stupidi è qualcosa che forse si è perso in Italia. Ma anche negli Stati Uniti vige una specie di censura che appunto fa sì che i bambini non possano vedere tante cose. Per farti un esempio, stesso gli animali devono essere resi in un certo modo ed essere “carini”, edulcorandoli così.

 

Un illustratore per l’infanzia che segui?

Noma Bar ha fatto recentemente l’illustrazione di una fiaba di cappuccetto rosso in uno stile molto grafico e minimalista che mi piace molto. Lui è soprattutto noto per le copertine dei romanzi di Haruki Murakami.

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E invece su Instagram i tuoi lavori recentissimi sono molto diversi, anche qui torna un universo narrativo, stavolta forse più personale. Me lo racconti? A me personalmente questi umanoidi a forma di margherita ricordano molto degli scenari infantili, in cui si esprime un certo tipo di sessualità polimorfa e inquietante. Spero di non stare delirando.

No, mi piace tantissimo questa tua visione. Adoro che ci sia una sensazione di staticità totale, e qui vede l’influenza che ti dicevo prima esercitata su di me da Piero della Francesca. Il fondo è sempre un cielo, è qualcosa di veramente assoluto. Queste creature non hanno le pupille, e questo ha rappresentato da parte mia come il fatto di togliergli l’anima. Tutto questo è molto straniante. Mi piace tantissimo rappresentare il corpo umano, e mi piace rappresentarlo deformato. I miei corpi sono totalmente inventati, e sono totalmente disfunzionali, eppure hanno un loro modo particolare di animarsi e vivere le loro contraddizioni. Nella mia illustrazione A cosa pensi? Ci sono dei corpi quasi elastici che si muovono in uno spazio allungato. Un elemento che rappresento spessissimo e stravolgo sono le mani: ecco, le mani secondo me sono più importanti del volto.

Inoltre, vorrei aggiungere che in questi lavori c’è un lato ironico: sono lavori che evocano un immaginario molto “tondeggiante”, fatto di forme bombate a palloncino. È un mondo iper-colorato e infantile.

 

Piero della Francesca secondo me ha diversi aspetti strutturali in comune con il tuo lavoro: sono delle opere che esibiscono dei corpi molto volumetrici e monumentali. Inoltre, per quanto riguarda il colore c’è questo sfumato molto denso e sfumato che mi ricorda tanto i suoi incaranti, terrei, solidi ma al tempo stesso nebulosi.

Il mio obiettivo è creare inquietudine con il colore e rendere la volumetria senza usare programmi di modellazione 3D. Le facce di queste margherite-umane e mostruose sono veramente inquietanti viste da vicino. Non ho mai disegnato cose particolarmente allegre, ma ho voluto farlo questa volta con utilizzando in maniera ironica e provocatoria colori pastello, creando così un immaginario solo apparentemente incocente.