Le Vite degli artisti di Gaspare Celio, la grande scoperta in una biblioteca nei pressi di Manchester
Esiste un immaginario comune difficile da scalfire o da attenuare, una vulgata che vorrebbe il ricercatore storico come un topo da biblioteca, di quelli sempre con la testa ficcata nei libri, con la schiena ricurva sulle carte come il poeta recanatese o ritti nell’atto di leggere anche sulla scala delle scansie librarie, come nel famoso quadro di Karl Spitzweg (Il topo da biblioteca - Der Bücherwurm).
Certamente non sono pose o attività estranee allo studioso e al ricercatore, beninteso, ma la ricerca storico-artistica e anche quella archivistica possono essere molto più avventurose e imprevedibili di quanto si possa pensare.
Può capitare di inseguire manoscritti che si credevano perduti in giro per l’Europa, a fiutare tra le biblioteche private di mezzo continente cercando tracce tra gli inventari ottocenteschi, spostandosi dalle gelide città mitteleuropee ai caldi lidi iberici, fino all’isolata Albione (in questo caso tutt’altro che perfida ma assai generosa).
Può succedere quindi di ritrovare un libro manoscritto di capitale importanza in un posto dove neanche il più fantasioso degli scrittori lo avrebbe inserito nel suo romanzo di finzione.
E in effetti nella sorprendente scoperta di Riccardo Gandolfi, brillante storico dell’arte e archivista, c’è qualcosa di romanzesco. Nei pressi dell’industriale città di Manchester, nella verde e umida contea del Lancashire, Gandolfi ha rinvenuto – dopo varie peripezie e impedimenti tra voli cancellati e sparizioni fantasmatiche – una fonte del Seicento che fino alla sua scoperta si credeva irrimediabilmente perduta: Le vite di Gaspare Celio.
Si tratta di un compendio alle Vite del Vasari, testo d’importanza unica per la storia dell’arte italiana edito nella prima edizione nel 1550 e nella seconda – la Giuntina – nel 1568. Se il testo del Vasari risultava fortemente ‘toscanocentrico’ nella sua esaltazione dei grandi maestri toscani e fiorentini, il manoscritto di Celio sposta la centralità verso Roma, sottolineando l’importanza degli artisti romani da Pietro Cavallini in avanti fino ai suoi contemporanei. Le numerose aggiunte di Celio sono tasselli preziosissimi che vanno ad aggiungere informazioni, notizie e aneddoti che saranno oggetto di lunghi studi futuri. Compaiono inoltre circa trenta nuove vite assenti nel testo vasariano, da Caravaggio ad Annibale Carracci fino a Barocci (tutti artisti a lui contemporanei, fatto che rende le informazioni abbastanza attendibili e di prima mano), impreziosendo di molto il testo ritrovato, facendone a tutti gli effetti una nuova fonte imprescindibile per gli studi.
Fino ad oggi il nome del pittore e scrittore Gaspare Celio non avrebbe detto nulla ai più, e sarebbe rimasto confinato nel mare magnum di pittori minori che costituiscono quell’humus fertilissimo della Roma di inizio Seicento, sarebbe rimasto quindi un pittore da addetti ai lavori, tra l’altro non tra i più virtuosi del pennello e per di più di carattere rissoso e superbo.
Oggi non possiamo non guardare a questa figura con occhi nuovi e rivalutarne il peso e l’importanza che ebbe nella Roma di quegli anni, periodo storico in cui l’Urbe era davvero il centro del mondo artistico, come in seguito sarà solo la Parigi degli anni Venti del Novecento. Restano numerosi interrogativi e questioni aperte riguardo al manoscritto, tra le quali la domanda più immediata: come mai se lo aveva terminato e risultava pronto – come si evince dal testamento di Celio – non venne mai dato alle stampe?
A questa e a molte altre domande ci sarà tempo per rispondere, al momento non ci resta che godere della lettura e dello studio di questo volume, curato in maniera impeccabile e con grande acribia filologica dall’autore e uscito per i tipi di Olschki, che ha adottato una linea grafica di grande efficacia per la fruibilità del testo, scegliendo una bicromia tipografica che permette di distinguere a colpo d’occhio le aggiunte di Celio al testo del Vasari.
Il riemergere di una fonte antica, autografa e inedita, è un evento raro e di grande importanza. È paragonabile alla scoperta di un monumento perduto di cui si erano perse le tracce, sepolto dalla terra e dalla storia. E in effetti non ci viene difficile immaginare l’autore di questa scoperta come quegli egittologi che si calavano nelle piramidi egizie, o come uno Schliemann che scava in Turchia per ritrovare le mura di Troia.
La ricerca è una metafora della condizione umana, e senza ricerca non c’è futuro, che sia essa scientifica, medica o storica e umanistica.
A gioire per il ritrovamento del manoscritto di Gaspare Celio dovrebbe essere quindi non solo la comunità accademica, ma la società tutta.
Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.
(Socrate)