Ostia - Storie di vita vissuta
Se provate a chiedere ad un qualunque abitante originario di Ostia dov’è nato, non riceverete mai da lui la risposta “di Roma”. La risposta che vi darà sarà indubbiamente un sonoro “di Ostia”. Perché Ostia per loro è molto di più di un semplice quartiere della capitale. Ostia per loro è il posto dove sono nati, dove sono cresciuti, dove hanno provato le loro prime esperienze. Ostia per loro è una vera e propria città, completamente autonoma e funzionale, che non ha bisogno di Roma per andare avanti perché si regge in piedi con le proprie gambe. Ostia sono i tramonti sul pontile, le passeggiate sul lungomare e le vie in mezzo alla natura.
Ancora ricordo gli anni prima della grande crisi. La gente era felice, le giornate scorrevano veloci. Durante il periodo estivo la scuola era chiusa, ed ogni giorno era una nuova avventura. La mattina partiva con una salutare colazione a base di pizza bianca e mortadella, seguita poi da un'intensa sessione di gioco per digerire, mentre i miei genitori preparavano i panini prima di andare al mare.
La spiaggia pubblica era a due passi e per lo più incontaminata. Le famiglie pian piano si accingevano ad occupare uno spazio nella sabbia, che lentamente iniziava a bruciare sotto il sole cocente di fine luglio. I bambini giocavano con un pallone, gli adulti conversavano allegramente fra di loro e nell’aria c’era quella sensazione di spensieratezza che ti riempie l’anima e ti fa sperare che quel periodo non finisca mai.
Poi d’un tratto le cose cambiarono. La città era sempre la stessa, con i suoi palazzi, le sue vie e il suo splendido mare. Ma qualcosa nell’aria era cambiata. La gente non rideva più, aveva sul viso un perpetuo stato di insoddisfazione e tristezza che riecheggiava ovunque. Da lì in poi, ai miei occhi, Ostia non si riprese più. Continuai a viverci ancora per un paio d’anni prima di abbandonarla definitivamente per tornare in un altro paese che non mi apparteneva – ma questa è tutta un’altra storia.
Per quanto mi fossi allontanato da Ostia a causa di ragioni personali, era rimasta fermamente salda al mio cuore come l’immagine della città a cui sentivo di appartenere. Appena ne avevo l’occasione, correvo subito da lei per visitarla di nuovo, ed ogni volta i posti che tanto amavo mi parevano immutati, ancora forti di un’irrefrenabile nostalgia. Il tempo, allora, era il mio più grande nemico perché scorreva inesorabile, mentre io non volevo più andarmene da quel posto che consideravo casa mia.
Poi crebbi ed iniziai a vedere la vita con gli occhi di un ragazzo che si apprestava a diventare un adulto. Cominciai ad essere più critico, e tutti i posti di cui m’ero tanto innamorato cominciarono a diventare solo sbiaditi ricordi d’infanzia persi inesorabilmente nel tempo. Tutto ad un tratto i palazzi mi sembravano vecchi e degradati, le vie storte e mal costruite, e il mare, che tanto adoravo, oramai non era altro che una discarica ambulante, sfruttata ed inquinata senza vergogna da privati abusivi, incuranti del paesaggio che stavano maltrattando.
L’ultima volta che tornai fu per incontrare una vecchia amica. Anche lei era cambiata molto nel tempo, e come lei anch’io. Pensare che un tempo avevamo così tanti sogni e speranze per il nostro futuro. Ma nei suoi occhi, ora, trovavo solo tristezza e indifferenza. Quella città che tanto adoravamo aveva lentamente ucciso tutti i nostri sogni e le nostre speranze.
Ciononostante, dentro al mio cuore non riesco a sbarazzarmi di quella sensazione di malinconia che mi assale quando ripenso a quelle giornate estive al mare, con la brezza che mi carezzava il viso e mi riempiva i polmoni di salsedine, o alle passeggiate per le vie della città, in mezzo a querce centenarie e alla gente che camminava spensieratamente.
E dire che ci eravamo tanto amati...